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Un bravo ragazzo Javier Gutiérrez


"Polo, il passato è sempre lì, sommerso, invisibile. Nascosto ma pesante, ancorato al fondo del mare, coperto di limo e ruggine, gonfio e deforme, ma indelebile come una voglia sulla pelle"  
                      
Un libro letto tutto d'un fiato: traumatico, asfissiante, difficile da metabolizzare.
Il libro è ambientato a Madrid e racconta ciò che avviene nella mente di Polo dopo l'incontro con Blanca, la ragazza faceva parte della sua band, non la vedeva da dieci anni, dal giorno in cui la band si sciolse in seguito ad un evento drammatico e violento che era accaduto proprio a Blanca. 
E' un lungo flusso di coscienza nel quale Polo sembra consapevolmente voler mentire a se stesso per salvare le apparenze anche ai propri occhi. 
Il modo in cui l'autore ha scelto di raccontare la storia mi ha dato l'impressione quasi di una corrosione del falso sé che Polo si era costruito nel tempo. Una spirale negativa, un velo che viene dispiegato per svelare un volto deformato.
Polo che è fedele soltanto a se stesso, ma a quale se stesso?
E' difficile da digerire questo romanzo, soprattutto per una lettrice di sesso femminile per il tema di cui tratta, per il viaggio all'interno della mente di una persona con un certo tipo di perversione che riduce il corpo femminile ad oggetto, o forse nemmeno a quello.
Viene rappresentata in maniera estremizzata anche la generazione dei giovani di fine anni '90, quella generazione con valori distorti, che non è mai riuscita a maturare fino in fondo, che ha dovuto spingersi sempre più in là perché cresciuta nell'agio.

"Mi ha detto che il problema della nostra generazione era che avevamo sempre avuto la pappa pronta, senza dover mai lottare contro qualcosa, nessun contrasto, nessuna dittatura, niente fame o guerre, niente di niente, che eravamo una generazione perduta, allo sbando, una generazione a perdere che non avrebbe lasciato traccia nel mondo"

L'autore, Javier Gutiérrez è nato nel 1974, non ho trovato altri suoi libri, ma mi terrò aggiornata perché mi piacerebbe leggere altro di suo.

Commenti

  1. "Mi ha detto che il problema della nostra generazione era che avevamo sempre avuto la pappa pronta, senza dover mai lottare contro qualcosa, nessun contrasto, nessuna dittatura, niente fame o guerre, niente di niente, che eravamo una generazione perduta, allo sbando, una generazione a perdere che non avrebbe lasciato traccia nel mondo".
    Questa citazione è molto bella. Vale anche per noi italiani. Estendendo però i limiti temporali, perché in Spagna la dittatura c'è stata fino al 1975; da noi era finita da tempo... prezioso contributo

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  2. Effettivamente ho dato per scontato l'aspetto storico che riveste non poca importanza.....interessante. Grazie!

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